domenica 15 novembre 2009

gesùcristo®.

Voglio raccontarvi una storia.
Un giorno - ero alle medie e avevo i capelli a caschetto - il gesùcristo che ci guardava dal muro sopra il testone biondo della profe di matematica, cominciò a piagnucolare come come un'Alessia Merz in un mondo senza corpi cavernosi. La profe alzò la sua testa e insieme a quella tutti i suoi capelli (che puzzavano di qualcosa, non lo capivo che odore avesse; poi però son cresciuto e ho capito che ella, come tutti i docenti di quella materia, puzzava di matematica) e guardò il gesùcristo.

La cosa buffa è che nessuno di noi era sopreso. L'altra cosa buffa è che nel frattempo il mio compagno di banco si stava masturbando in bagno. (Be', avevamo tredici anni, perdio. A quell'età le vene sono piene di ormoni grossi come roditori maschi, quindi non rompete.) Nessuno era sopreso, dicevamo. A quell'epoca tutti piangevamo per qualcosa. Io due giorni prima avevo pianto per avere lo scùter, una mia compagna aveva pianto perché un bullo della terza effe le aveva toccato quei prototipi di tettine che aveva e poi non le aveva più parlato.
E anche gesùcristo ora piangeva, ma tutti si sentivano costretti a fregarsene. Chissà perché.

Così fu la profe a parlare: "Che hai gesùcristo?" gli sussurò pulendosi il gesso della lavagna dalle mani. Ma il simpatico omino di legno non rispose. Continuava a piangere e sembrava disperato come Flavio Briatore davanti a dei logaritmi. A me cominciava a fare pena. Pensavo: "Ma che hai, gesùcristo?"

Nel frattempo Tullio rientrò in classe. Aveva finito di segarsi in bagno. Era felice e col fiatone.
"Che mi son perso?" mi chiese.
"Bah niente. Ha finito d'interrogare Trostafulli e gesùcristo poi s'è messo a piangere."
"Perché, non voleva essere interrogato?"
"Immagino di no. Com'è andata la sega?"
"Bene. Ho pensato a tua cugina"
rispose convinto.
"Ci penserei anch'io se non fosse mia cugina."
"Se vuoi ti presto la mia..."
"Tua cugina sembra un triceratopo truccato male."
Ed era vero. E mi scuso con i triceratopi presenti.

Poi la profe ci zittì, avvicinò la testa al gesùcristo e gli richiese: "Insomma, che hai da piangere?"
L'omino di legno, che aveva dei segni rossi sulla pelle bianca, tipo dei buchi che dicono siano stati i romani a farglieli, e io ci credo perché possono essere cattivi, specie i tassisti romani che mi ricordo che quando Bersani voleva fare le liberalizzazioni pensai che se l'avessero preso lo avrebbero crocifisso minimo, l'omino di legno dicevamo si stacco dalla croce e ci guardò. Tullio non potè fare a meno di pensare al suo pene tutto appiccicaticcio mentre gesùcristo lo guardava. E si sentì a disagio.

Il gesùcristo si asciugò le lacrime e si confidò: "Ecchecazzo," disse, "mi sento osservato, ok? Sono gesù, ok, ma sono timido. Ora, se permettete, vado al bagno."

Nessuno lo vide tornare. Due settimane dopo la profe portò un crocefisso nuovo e lo piazzò sul muro, sopra la sua testona.

Da quel giorno mi chiedo: dove se n'è andato? è caduto nel water? è scappato? è in Nepal a difendere i buddhisti? in Algeria a inseguire cammelli?
Tutte domande che posi anche a Tullio ma lui pensava ad altro.
Mi disse: "E se è andato a tirarsi una sega?"
"Non essere imbecille,"
gli dissi.
"E invece si. E lo fa pure pensando a tua cugina!"
"Ciò la renderebbe santa,"
conclusi soddisfatto.

Nessun commento:

Posta un commento