"Allora è così che si respira!" disse Uha, la donna che per quarantadue anni non aveva inserito dell'aria dentro il suo organismo.
Aveva inserito altro?
Una melanzana a sedici anni. Gliela tolsero all'ospedale e tutti in paese si ricordano ancora dell'espressione divertita del primario e dell'infarto della suora di passaggio.
La suora era in clausura e per anni si era dovuta arrangiare con i carciofi (spinosi e ardui da maneggiare). La semplicità e la versatilità della melanzana la sconvolse.
Uha era nata a Baltimora a cavallo tra il 1550 e il 18 ottobre 1927. Sua madre la partorì mentre Ermehs, il puledro nero di famiglia, la portava in giro per i possedimenti trotorellando come uno spastico simpatico. Fin dalla più tenera età aveva palesato un grosso problema: il suo naso era sprovvisto di narici. Sembrava un naso finto, senza buchi. Un qualcosa di assimilabile ad una fetta di groviera senza buchi, cioè un qualcosa che non ha alcun senso.
Come il servisterzo su un daino.
Uha - a causa dei suoi disagi - non poteva respirare. Oh, non che questo handicap gli rodesse il culo, ma sua madre era sempre così imbarazzata nel presentarla al macellaio.
Un giorno la genetrice, Elsa Morantev, pensò anche di venderla al miglior offerente. Non ci riuscì: "Non vogliamo una dannata bambina senza buchi sul naso! E le candele dopo dove le infiliamo?" disse uno degli aspiranti acquirenti, un polipo intellettuale attualmente impiegato come droide in Iraq.
Uha crebbe in una scuola gestita da vegetariani fanatici, che gli insegnarono a far cadere la frutta dagli alberi stimolando i clitoridi vegetali di queste piante. Esempio: prendete un pero e infilategli un dito in culo. Rilascerà tutte le pere che, felici come tanti Ahmadinejad in visita ad Auschwitz, si tufferanno nella vostra bocca.
"Strappare la frutta dagli alberi crea dolore alla natura" diceva sempre Oliver Dubugga, preside della scuola, mentre curiosava tra le interiora dei suoi cadaveri.
Fu solo a quarantedue anni che Uha cominciò a respirare. Fino a quel giorno s'era arrangiata in modo misterioso, la faccia paonazza e in volto la tipica espressione di chi deve cagare una betoniera di merda brutta.
L'incredibile avventura che portò all'assunzione d'ossigeno da parte della donna è molto bella.
Magari prossimamente ci penso meglio e me la invento.
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