mercoledì 17 novembre 2010

Da bunker a bunker

Fra le molte cose dette da Saviano nell'ultima, contestatissima, puntata di Vieni via con me , c'è la questione dei bunker dei malavitosi. Veri propri nonluoghi ("Queste tane, questa infelicità che si struttura architettonicamente" come li ha definiti l'autore di Gomorra) dove il potere mafioso esprime tutta la sua capacità di comando. Si rinuncia alla presenza fisica divenendo degli spettri, degli invisibili, senza per questo perdere capacità d'influenza e dominio. Anzi, guadagnando in mistero e - agli occhi degli affiliati ai clan - fascino.

Al netto della polemica su Lega e 'ndrangheta che ha monopolizzato il post-show (come se l'intero monologo di Saviano fosse stato un j'accuse contro Bossi e i suoi - nulla di più falso, dato che la Lega Nord viene nominata solo una volta), sentire Roberto Saviano descrivere la vita dei bunker, mostrando immagini e filmati sul tema inediti al pubblico mainstream, mi ha molto colpito. Mentre sullo sfondo passavano le immagini dei covi di Platì, del bunker costruito in aperta campagna sfruttando un insospettabile muretto a secco, è sembrato che alla cronaca si unisse l'esperienza personale di chi da anni è costretto a vivere in un bunker, per motivi diversi e opposti rispetto a quello dei capi clan.

Il risultato è stata una narrazione molto emozionale, con un forte contenuto morale.

Mi sono sempre chiesto: come fa un boss a vivere dieci anni, quindici anni col regime di carcere duro, il 41bis. Come fa? Com'è possibile? Poi mi viene in mente che prima di essere arrestato e finire al carcere duro, loro si mettono in galera da soli dieci anni prima. Nei bunker. Queste tane, questa infelicità che si struttura quasi architettonicamente, fatta di rinuncia, di un potere solo di testa.
Tra le righe, si scorge una forte componente emotiva: a parlare di bunker, di persone "costrette" a rinunciare "anche alla luce del sole" per perseguire i propri loschi interessi, è un giovane giornalista che a sua volta è costretto nella stessa, disumana condizione. La differenza (abissale) sta nei motivi della privazione: Roberto Saviano è stato condannato a morte dal clan camorristico dei Casalesi, da boss che con ogni probabilità sono rinchiusi in un bunker, per preservare il proprio potere dalla violenza dello scontro mafioso.

Quando ci si nasconde in questo modo si è disposti pur di mantenere il proprio potere a rinunciare alla proipria esistenza, alla propria anima. (…) Gente che ha già smesso di vivere da trent'anni, nei bunker

Questa parte del monologo di Saviano è straordinaria per la componente umana che la caratteriza. Non è solo cronaca, informazione basata su inchieste giudiziarie e giornalistiche: c'è un additivo vitale nelle sue parole. Saviano, parlando dei bunker dei malavitosi, ha sfiorato la sfera personale. Per lui il bunker è realtà dal 2008. Certo, non si tratta di cunicoli comunicanti con forni da pizzaioli, né tane da topi come quelle mostrate durante la trasmissione, ma la condizione è simile. "Mi sono sempre chiesto: come fa un boss a vivere dieci anni, quindici anni col regime di carcere duro, il 41bis. Come fa? Com'è possibile?"

Il sottotesto della questione sembra essere:

come fate voi a decidere spontaneamente di rinunciare alla vita, alla luce del sole, per rinchiudervi in una gretta prigione di solitudine?

Una questione pesante, che acquista ancor più peso se a sollevarla è un uomo che a quella condizione è sì costretto, ma non per sua volontà. Saviano conosce il bunker, sa come le sue enormi restrizioni possono ingabbiare un'esistenza e farebbe di tutto per non doverlo più vivere. Per riassaggiare la vita com'era prima.

Ma non può, non gli è permesso. E il divieto viene da uomini che quel bunker lo scelgono e lo abbracciano come "punto d'arrivo" di una carriera "luminosa" nelle organizzazioni mafiose.

Non c'è libertà se c'è mafia: questo lo sappiamo da sempre. Ma da lunedì abbiamo una nuova prova.

1 commento:

  1. Certo se sti poracci potessero avere un po' più di vita normale, potrebbero concentrarsi di più sugli affari, cosicchè poi, quando decidiamo di arrestarli, potremmo sequestrare molti ma molti più tesori da distribuire al bobbolo.

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