Un’apocalisse al dì. Questo senso di catastrofe imminente alberga il web da sempre, spingendolo a rinnovarsi e distruggere per non essere distrutti. È quindi una pulsione positiva e costruttiva, che però presenta un leggero effetto collaterale, una precarietà percepita, causata dai rumors su come tutto un giorno diverrà obsoleto e sparirà.
Qualche esempio: solo nelle ultime settimane gli esperti del web hanno suonato un altissimo numero di De profundis. Ha iniziato Wired USA predicendo la prossima morte del web, inteso proprio come www, la rete in cui si naviga da metà anni Novanta; e annunciando la nascita di una nuova visione del web, dominata dalle app e dalle altre tecnologie sviluppate con il boom del mobile.
Poi è toccato a TechCrunch, che annunciando la possibile nascita di un client per e-mail targato Facebook (il famigerato e misterioso Titan Project), lo ha già soprannominato “Gmail Killer”, preludendo ad una vicina morte e rinascita della posta elettronica per come la conosciamo da anni.
Infine, qualche giorno fa, sempre il citato megasito americano ha decretata la fine delle telefonate, superate e annichilite dalla concorrenza dei new media e dal fuoco amico degli SMS.
Avvoltoi 2.0 Certo, è bene precisare che TechCrunch è una sorta di Bibbia della tecnologia e che l’articolo di Wired, al netto del tono da Armageddon, contiene riflessioni interessanti, e quindi sono da tenere in considerazione. Ma c’è il rischio che il loro continuo volteggiare da avvoltoi attorno a carcasse del web (presunte o reali), generi poi delusione e una leggera rabbia. Quando, magari fra qualche anno, continueremo a telefonare, usare Gmail e a digitare il www, qualcuno potrebbe ricordarsi degli oracoli passati e chiedersi: “ehi, ma alla fine non è successo niente?”, sentendosi leggermente preso per i fondelli.
Chi vivrà vedrà. Intanto, cerchiamo di mantenere la calma e di concentrarci sulle apocalissi reali e vicine.
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