domenica 28 novembre 2010

A Berlusconi piacciono Putin e le puttane (non credo in questo ordine)

Pare si sia fatto una risata. Mentre i capi di stato di mezzo mondo soccombono sotto l'enorme falla nella loro corrispondenza riservata scatenata da Wikileaks, Silvio Berlusconi si fa una risata. E non si tratta di allegria finta (tranne per il suo sorriso, così perenne, così precario) né di simulazione di sicurezza. Il premier italiano ha tutte le ragioni per godersi una giornata di tranquillità, dimenticando per un istante la maggioranza a pezzi, la cui crisi evolve di giorno in giorno. Difatti, se è vero che mal comune mezzo gaudio, è ancor più vero che il gaudio raddoppia quando il mal è comune per gli altri.

Intendiamoci: le rivelazioni del gruppo di Julian Assange sul governo italiano e Berlusconi rimangono di una gravità inedita per un paese del G20: "wild parties" a sfondo sessuale fino a tarda notte (tanto da tarda da sfiancare fin troppo Mr. Berlusconi, si legge nei documenti) e rapporti oscuri con Putin e la Russia, a base di incontri affettuosi e affari più o meno loschi, con l'asse Italia-USA che lentamente si sfalda, trascinando il Belpaese sempre più ad est dell'ex cortina di ferro.

Uno scenario da brivido, certo, al quale gli italiani sono però preparati da moltissimi mesi. Una sorta di riflesso perverso, inverso e contrario, del "vaccino" che secondo Indro Montanelli gli italiani avrebbero sviluppato dopo Berlusconi. Nella mente del grande giornalista, tale vaccino avrebbe protetto l'Italia da un nuovo governo made in B.; pare invece che la stia rendendo incapace di reagire. Succede spesso, nell'epidemologia: d'altronde ogni vaccino contiene parte del virus che si vorrebbe debellare.

Difatti, per quanto la fuga di notizie made in Wikileaks, ovvero "l'undici settembre della diplomazia" per dirla col ministro Frattini, abbia sconquassato l'Occidente diventando un vero proprio evento-spartiacque, dall'Italia sembra tutto già sentito. Tutto quello che traspare dai files è un'ennesima conferma dei costumi "vivaci" e "selvaggi" del magnate-statista, l'uomo che coniuga barzelette, prostitute e affari ormai alla luce del sole, finendo per vantarsene in pubblico. Nulla di nuovo ed eclatante, in grado di porre fine ad una carriera o un governo.

E nemmeno gli stati esteri potranno intervenire a "disturbare" il manovratore italico come in altri casi, poiché sono proprio gli altri governi i veri bersagli e vittime del cablegate. Troppo impegnati nel proprio fronte interno (ed esterno, per quanto riguarda solo i rapporti con gli Stati Uniti), non usciranno dal confine patrio e B. potrà rilassarsi. L'unica eccezione è la questione del rapporto con la Russia, elemento serio e internazionale che ha già fatto intervenire il Segretario di Stato Usa Hillary Clinton.

Tutto sommato gli è andata bene. Il popolo italiano, nella figura del cosiddetto e mostruoso Italiano Medio (IM), lo invidia troppo per scandalizzarsi per cose che farebbero ben volentieri al posto del Premier. È il meccanismo della proiezione, che fa in modo che quando Berlusconi viene "beccato" in flagrante, l'Italiano Medio prova pena per lui: d'altronde è come se ad essere nei guai fossero loro stessi. La versione di loro stessi che, nell'ottica dell'IM, ce l'ha fatta.

Berlusconi ride: piove sul bagnato, quindi ride. Da domani potrà ricominciare a pensare a Fini e a tutti i mistificatori in coro. Ma stasera no, può festeggiare. Per sapere come lo farà, dobbiamo aspettare il prossimo wikileak.

giovedì 25 novembre 2010

Emilio Fede non fa ridere

Opinione comune, quella della presunta comicità del Tg4 di Emilio Fede, che si dipinge come così sfacciatamente fazioso da risultare non credibile e, a tratti, "simpatico". Forse sono migliaia i giovani uomini e giovani donne che, fumatissimi, si guardano il Tg4 col sorriso ebete impresso sul volto. E questo andazzo (il guardare quel programma, non il fumo - che anzi, mi auguro buono) non fa del bene all'informazione in genere e alla percezione della realtà.
Il fatto che Fede spruzzi servilismo da ogni poro lercio di cerone e che la sua supinità sia ormai da Guiness, non è garanzia della sua scarsa credibilità. Osservando i dati d'ascolto dei telegiornali generalisti, si nota come il Tg4 sia uno dei meno visti, assieme a quello di Rai3 (una rete che copre a malapena il 70% del territorio nazionale) e di La7, da poco tempo resuscitata da Mentana. Ma per quanto minoritario, Fede parla quotidianamente a milioni di persone. Sono "pochi" milioni, certo, se paragonati alle cifre del Tg5 o di Minzulpop; ma sono sempre dei fucking milioni.

Milioni di persone.
Che.
Ogni giorno.
Si informano tramite Fede o una delle sue propaggini corporee.
Tra una soap opera e l'altra.
Preparando il ragù per i nipotini.
E temendo una rivoluzione bolscevica.

Il target del giornale fediano è composto da: vecchiette che non cambiano canale perché non hanno voglia; massaie che distrattamente capitano per il 4 e ascoltano le news; i vecchi fumati di cui abbiamo già accennato; berlusconiani brutali, molto brutali, che credono davvero che quello di Fede sia un Tg.

Si parla sempre della Casalinga di Voghera, questo mostro metà massaia metà Cangurotto, e del suo rilevante peso politico. Emilio Fede parla a questo mostro ogni dannato giorno, levigandole il cervello con lentezza, come l'acqua con i ciottoli di fiume. E ogni giorno Emilio Fede ne spara una più grossa, una più violenta. Ieri, per esempio, ha dato dei "rossi" agli studenti in lotta per i loro diritti e futuro e ha consigliato alle forze dell'ordine di pestarli (troppo tardi, già fatto).

Per questo Fede non è né simpatico né innocuo. Se lo fosse, non sarebbe lì.
Anzi, è pericoloso e violento.
Niente da ridere, insomma. Be careful.

lunedì 22 novembre 2010

La lista dei valori del Gabibbo

Ehi, vi ricordate di ScaricaBile, la rivista molestissima? Ora si è fatta un nuovo fucking sito dove trovate tante, tante meraviglie satiriche sponsorizzate dall'illustre Martufello. Recatevici.

(Dopo la lista dei valori di destra e sinistra letti a “Vieni via con me”, “Terra” è felice di presentare questo inedito sui valori di un’altro credo politico-filosofico. Per amore della par condicio.)

Noi Gabibbi amiamo l’Italia e la difendiamo dando cazzotti in faccia ai besughi che fanno i furbi. Per noi Gabibbi ogni cittadino italiano ha pari dignità ed è libero di fare il pubblico in tv, a patto che batta le mani quando si illumina la scritta “applausi”. A noi Gabibbi ci piace la figa e andiamo sempre in giro con una bionda e una mora, per dimostrarlo agli occhi di tutti. Non ci piacciono i soprusi: quando ne scoviamo uno, corriamo subito sul posto e riprendiamo tutto. Se ci riesce, intervistiamo il malfattore. Durante tali interviste, noi Gabibbi muoviamo su e giù la testa, per fare finta d’avere un encefalo.

A nessuno interessa sapere chi è dentro noi, chi ci muove. Può essere un nano o Bin Laden. L’importante è avere una voce buffa e spaccare la faccia ai besughi.

Quando un Gabibbo guarda un lavoratore, si chiede chi glielo fa fare, a lavorare, visto che è molto più facile farsi manovrare da qualcuno che indossa la tua pelle. Besugo! Quando un Gabibbo vede gli uomini fare la guerra, li biasima, perché sa che tutti i conflitti possono essere con un sano “belandi”. O al limite mandando un SMS a “SOS Gabibbo” – e noi subito andiamo, per esempio, in Afganistan.

E i Gabibbi riconoscono che l’ambiente è davvero la nostra casa, che la Terra va amata e rispettata. Con tecnologie nuove e pulite, energie rinnovabili. Rinunciando all’automobile, come fa 100% Brumotti. Concludendo, ogni Gabibbo lavora per un futuro migliore, un futuro dove Capitan Ventosa dirige la DIA e Stefania Petix è costretta ad ingoiare il suo bassotto.

Ma soprattutto, un bravo Gabibbo se ne batte il cazzo di tutto, perché sa che a fine giornata, viene buttato in uno sgabuzzino e bella lì. Fino alla prossima besugata, s’intende.

mercoledì 17 novembre 2010

Da bunker a bunker

Fra le molte cose dette da Saviano nell'ultima, contestatissima, puntata di Vieni via con me , c'è la questione dei bunker dei malavitosi. Veri propri nonluoghi ("Queste tane, questa infelicità che si struttura architettonicamente" come li ha definiti l'autore di Gomorra) dove il potere mafioso esprime tutta la sua capacità di comando. Si rinuncia alla presenza fisica divenendo degli spettri, degli invisibili, senza per questo perdere capacità d'influenza e dominio. Anzi, guadagnando in mistero e - agli occhi degli affiliati ai clan - fascino.

Al netto della polemica su Lega e 'ndrangheta che ha monopolizzato il post-show (come se l'intero monologo di Saviano fosse stato un j'accuse contro Bossi e i suoi - nulla di più falso, dato che la Lega Nord viene nominata solo una volta), sentire Roberto Saviano descrivere la vita dei bunker, mostrando immagini e filmati sul tema inediti al pubblico mainstream, mi ha molto colpito. Mentre sullo sfondo passavano le immagini dei covi di Platì, del bunker costruito in aperta campagna sfruttando un insospettabile muretto a secco, è sembrato che alla cronaca si unisse l'esperienza personale di chi da anni è costretto a vivere in un bunker, per motivi diversi e opposti rispetto a quello dei capi clan.

Il risultato è stata una narrazione molto emozionale, con un forte contenuto morale.

Mi sono sempre chiesto: come fa un boss a vivere dieci anni, quindici anni col regime di carcere duro, il 41bis. Come fa? Com'è possibile? Poi mi viene in mente che prima di essere arrestato e finire al carcere duro, loro si mettono in galera da soli dieci anni prima. Nei bunker. Queste tane, questa infelicità che si struttura quasi architettonicamente, fatta di rinuncia, di un potere solo di testa.
Tra le righe, si scorge una forte componente emotiva: a parlare di bunker, di persone "costrette" a rinunciare "anche alla luce del sole" per perseguire i propri loschi interessi, è un giovane giornalista che a sua volta è costretto nella stessa, disumana condizione. La differenza (abissale) sta nei motivi della privazione: Roberto Saviano è stato condannato a morte dal clan camorristico dei Casalesi, da boss che con ogni probabilità sono rinchiusi in un bunker, per preservare il proprio potere dalla violenza dello scontro mafioso.

Quando ci si nasconde in questo modo si è disposti pur di mantenere il proprio potere a rinunciare alla proipria esistenza, alla propria anima. (…) Gente che ha già smesso di vivere da trent'anni, nei bunker

Questa parte del monologo di Saviano è straordinaria per la componente umana che la caratteriza. Non è solo cronaca, informazione basata su inchieste giudiziarie e giornalistiche: c'è un additivo vitale nelle sue parole. Saviano, parlando dei bunker dei malavitosi, ha sfiorato la sfera personale. Per lui il bunker è realtà dal 2008. Certo, non si tratta di cunicoli comunicanti con forni da pizzaioli, né tane da topi come quelle mostrate durante la trasmissione, ma la condizione è simile. "Mi sono sempre chiesto: come fa un boss a vivere dieci anni, quindici anni col regime di carcere duro, il 41bis. Come fa? Com'è possibile?"

Il sottotesto della questione sembra essere:

come fate voi a decidere spontaneamente di rinunciare alla vita, alla luce del sole, per rinchiudervi in una gretta prigione di solitudine?

Una questione pesante, che acquista ancor più peso se a sollevarla è un uomo che a quella condizione è sì costretto, ma non per sua volontà. Saviano conosce il bunker, sa come le sue enormi restrizioni possono ingabbiare un'esistenza e farebbe di tutto per non doverlo più vivere. Per riassaggiare la vita com'era prima.

Ma non può, non gli è permesso. E il divieto viene da uomini che quel bunker lo scelgono e lo abbracciano come "punto d'arrivo" di una carriera "luminosa" nelle organizzazioni mafiose.

Non c'è libertà se c'è mafia: questo lo sappiamo da sempre. Ma da lunedì abbiamo una nuova prova.

lunedì 15 novembre 2010

Ode a Maurizio Milani

Un pezzo di quest'estate dedicato a un grande.

Maurizio Milani vive in un mondo parallelo. Visitarlo è un privilegio unico per chi, stolto, finisce sempre per associare alla pianura padana la nebbia e i leghisti che la respirano. Dal suo paese d'origine – Codogno, di cui è cittadino onorario – apre talvolta la porta a chi volesse fare un giretto in una landa densa di feste dell'Unità (r.i.p.), tori imbizzarriti e qualche Giuliano Rana inspiegabilmente di passaggio. Dopo la sua ultima fatica letteraria, Mi sono iscritto nel registro degli indagati (Rizzoli, 2010) c'è chi ha gridato al genio, sbagliando. Milani, è semplicemente uno scrittore. Uno scrittore vero, dotato di scenografie ampie e complete quanto impensabili; una logica che in un mondo a scatafascio come il nostro si rivela ferrea, a prova di bomba; e un linguaggio unico che fa della schizofrenia e del rifiuto della piatta realtà il suo punto di forza.

Fino a due anni fa lo si vedeva ogni settimana a Che tempo che fa, mentre cercava di guidare la caravella di Fazio verso mari più aperti, liberi. Mari dove il mestiere del latrinaio, per esempio, assume una connotazione eroica. O dove pesare cani è una routine nobile, una tradizione antica al pari del preparare il presepe a Natale. Ora non più: troppo forte, quasi pornografico per un pubblico abituato all'alimentazione comica a sondino by Gino&Michele.

La domanda, a questo punto, è una sola: la sua cancellazione è stata un peccato oppure Milani è un animale comico che brilla solo nelle nicchie, al riparo da un pubblico che anche minimamente dedichi attenzione al cartellone luminoso “APPLAUSI”? Basta ripescare i video dei suoi trascorsi da stand-up comedian (Youtube ne è sufficientemente fornito) per notare che ogni suo “pezzo” è una finestrella nel suo mondo. Un mondo dannatamente reale, bucolico e folle, che rischia d'inquinarsi a contatto col prime time. Dirlo potrebbe sembrare come arrendersi al “sistema” ma forse è meglio che sia andata così: che Milani torni a coltivare il suo piccolo orto, mandando al diavolo la grande distribuzione. I tentativi di far ridere un pubblico mainstream lo stavano lentamente spegnendo.

D'altronde, che ne sanno loro della vita privata di Zamorano? O del fatto che in amore le donne vogliono tribolare? Hanno forse mai pesato dei cani, a caso, girovagando per le strade? Non credo proprio e, sinceramente, non sanno cosa si perdono.

domenica 14 novembre 2010

Webarmaggedon: e se non succedesse niente?

ll web, come lo intendiamo noi, esiste da circa quindici anni: un’inezia, se si pensa a quanto ha già cambiato la nostra vita. Dal 2001 circa si parla invece di Internet 2.0, la nuova Information Age, dove l’utente diventa prosumer, ossia contemporaneamente produttore e consumatore di dati e informazioni. La frenesia che accompagna lo sviluppo della Rete provoca, oltreché un progresso veloce e confuso, anche una certa paranoia apocalittica che colpisce soprattutto i geek, gli amanti delle new technology.

Un’apocalisse al dì. Questo senso di catastrofe imminente alberga il web da sempre, spingendolo a rinnovarsi e distruggere per non essere distrutti. È quindi una pulsione positiva e costruttiva, che però presenta un leggero effetto collaterale, una precarietà percepita, causata dai rumors su come tutto un giorno diverrà obsoleto e sparirà.

Qualche esempio: solo nelle ultime settimane gli esperti del web hanno suonato un altissimo numero di De profundis. Ha iniziato Wired USA predicendo la prossima morte del web, inteso proprio come www, la rete in cui si naviga da metà anni Novanta; e annunciando la nascita di una nuova visione del web, dominata dalle app e dalle altre tecnologie sviluppate con il boom del mobile.

Poi è toccato a TechCrunch, che annunciando la possibile nascita di un client per e-mail targato Facebook (il famigerato e misterioso Titan Project), lo ha già soprannominato “Gmail Killer”, preludendo ad una vicina morte e rinascita della posta elettronica per come la conosciamo da anni.

Infine, qualche giorno fa, sempre il citato megasito americano ha decretata la fine delle telefonate, superate e annichilite dalla concorrenza dei new media e dal fuoco amico degli SMS.

Avvoltoi 2.0 Certo, è bene precisare che TechCrunch è una sorta di Bibbia della tecnologia e che l’articolo di Wired, al netto del tono da Armageddon, contiene riflessioni interessanti, e quindi sono da tenere in considerazione. Ma c’è il rischio che il loro continuo volteggiare da avvoltoi attorno a carcasse del web (presunte o reali), generi poi delusione e una leggera rabbia. Quando, magari fra qualche anno, continueremo a telefonare, usare Gmail e a digitare il www, qualcuno potrebbe ricordarsi degli oracoli passati e chiedersi: “ehi, ma alla fine non è successo niente?”, sentendosi leggermente preso per i fondelli.

Chi vivrà vedrà. Intanto, cerchiamo di mantenere la calma e di concentrarci sulle apocalissi reali e vicine.

giovedì 11 novembre 2010

Cyber Vatican

Ho un’idea per modernizzare la Chiesa: sostituire la fumata nera e la fumata bianca del conclave con scritte al neon “FAIL” e “WIN”.

Mi farei suora, checazzo.

mercoledì 10 novembre 2010

Saviano, il "papa straniero" e i baffetti di Luca Telese

Viviamo in un paese unico, in cui una persona non fa in tempo a raggiungere un alto livello professionale che subito viene cantata dalle sirene dell'eroismo. Gli italiani non cercano politici o amministratori capaci ma dei Mandrake del tutto e subito: i problemi sono tanti e urgenti, le soluzioni razionali a lunga durata snobbate. Si preferisce aspettare al varco l'Uomo della Provvidenza di turno (reale o meno), per scaricargli addosso quel macigno di responsabilità normalmente collettive e sentirsi subito leggeri, fuori causa. Un procedimento facile, non c'è che dire, ma non molto fruttuoso – per capirlo, basta guardarsi attorno.

Questo eroismo di massa colpisce anche Roberto Saviano, scrittore e giornalista che per il suo Gomorra rischia la vita, minacciata dai casalesi. In un altro paese, sarebbe un intelletuale ascoltato, rispettato e temuto; nel Belpaese invece, no. O meglio, non solo. Al di là delle critiche de il Giornale e Libero (di cui abbiamo già parlato qui), lo scandalo è che sempre più persone aspettano e sperano un suo impegno politico.

“Candidati!”, “Cambia questo paese!”, gli supplicano, sentendoci già più leggeri ed esterni al problema.

Tale discussione schizofrenica è approdata oggi anche nelle pagine del Fatto Quotidiano, dove, due giorni dopo il successo del programma Vieni via con me dello scrittore campano e Fabio Fazio, Sandra Amurri e Luca Telese dicono la loro sul suo possibile futuro. La prima, sperando nella trasformazione da scrittore in politico; il secondo rifiutandola e criticando alcuni aspetti della trasmissione. La sublime tenzone ha del ridicolo: non solo per i baffetti di Telese, ma per quanto il problema sia completamente travisato. La fallacia sta tutta nel volere infondere in Saviano l'aura da politico, come fa la Amurri, che propone il duo Vendola-Saviano per vincere Berlusconi; o come fa Barbareschi, sempre nel Fatto di oggi (“il suo populismo è uguale, speculare, a quello di Berlusconi”).

E mai che in tutto questo, sia stata chiesta l'opinione dell'interessato, Saviano. Basterebbe una domanda: “Si vuole candidare?”, a cui seguirebbe la prevedibile risposta: “No, grazie”. Ma tale ragionamento, in un paese sempre più simile ad un Bar Sport con 60 milioni di clienti borbottanti, non viene tollerato. L'opinionismo di massa, ben più grave del famigerato qualunquismo, governa tv e stampa, crea mondi irreali, legittimandoli giornalisticamente. In breve tempo, la realtà virtuale del Saviano-forse-diventa-politico si sostituisce a quella originale, dimenticata e ormai noiosa. Che una persona si limiti a dire la sua opinione con successo, non è previsto tra le mura italiche. Se entri nell'ambiente, devi far parte dell'ambiente – “altrimenti che ci stai a fa'?”.

È il succo del pensiero amurriano, per esempio, che parlando del ticket Vendola-Saviano, si commuove un pochino:

Seppure le loro storie siano diversissime, in comune hanno molto. Soprattutto quelle capacità “narrative” di smuovere le coscienze con la forza delle parole. (…) Due facce di una medaglia di nuovo conio per conquistare il futuro. È così pazzesco sognarlo?

No, Sandra, è pazzesco solo pensarlo. Vendola è un politico, Saviano uno scrittore. Che quest'ultimo poi sia bravo, impegnato e preziosissimo, tanto meglio per la sua carriera e la sua vita (che ci auguriamo duri altri cent'anni, alla faccia della Camorra).

Ecco quanto siamo caduti in basso: la perenne ricerca dell'Uomo Giusto, del “papa straniero” che arriva in città e porta gioia e caramelle a tutti, non è dissimile dal discorso del berlusconiano doc: “Silvio mi piace perché non è un politico, è un uomo del fare”. Il fatto che la politica si possa alimentare da sola, sfornando politici credibili e onesti, in Italia è pura fantascienza, per vari motivi: l'andazzo della Prima Repubblica e le sue ruberie; le leggi ad personam, gli inciuci e le cricche della sedicente Seconda Repubblica; e soprattutto la terribile Sindrome del Tassista Romano.

Tale patologia (STR) prende il nome dagli allegri tassisti della Capitale, sempre così sicuri delle loro opinioni e così vicini dal Pensiero Politico Totale. Il discorso tipo del malato di STR comincia con affermazioni: “Secondo me basterebbe poco per mettere le cose apposto”, a cui seguono, a seconda dell'orientamento politico, progetti per costruire nuovi lager o di soviet fucsia governati dal volemmosebene.

La nostra penisola è malata di false speranze, troppo lontano dalla vera politica che è realismo e programmi. La vera rivoluzione sarebbe mandare al diavolo la ricerca del “papa straniero” (mi dispiace, Ezio Mauro) e valorizzare i bravi “vescovi locali” che albergano quasi clandestinamente molti partiti. Ma è pensiero razionale, terra-terra: vuoi mettere continuare a masturbarsi aspettando la venuta del Messia o, ancora meglio, eleggendone uno ad ogni ventennio, per poi applicarlo a qualche palo, voltando supersonicamente gabbana?

“Beato il popolo che non ha bisogno di eroi”, diceva Bertold Brecht, riassumendo senza volerlo la Storia d'Italia in nove, fottutissime, parole. L'Italia non solo macina un falso eroe dopo l'altro, ma quando ne trova uno, lo mette subito in difficoltà, vestendolo di cariche assurde. È successo con l'autore di Gomorra, con Falcone (come spiegato da Saviano stesso), succede spesso con Marco Travaglio (il cui unico “torto” è quello di fare il giornalista), con Di Pietro (che ha scovato i topi della Prima Repubblica), Beppe Grillo e così via. Succederà ancora: magari con Marco Carta o il pupazzo Uan.

L'idea che un bravo professionista possa continuare a fare il suo lavoro fin quando cazzo vuole, continuando ad esercitare il suo pensiero, sembra non passare. Se Gesù tornasse sulla Terra e volesse predicare nell'Italia del 2000, sarebbe costretto a recarsi dal notaio per fondare un suo partito, altrimenti nessuno lo ascolterebbe. E, ne siamo certi, il Cristo preferirebbe ritornare in croce.

Così, solo per farci un meritato dispetto.

martedì 9 novembre 2010

Verranno a chiederci del nostro capannone

Io abito in Veneto, dove ogni autunno piove in modo brutale. Se non avessimo il vino e lo spritz, registreremmo percentuali di suicidi scandinave.
Quest’anno le piogge hanno allagato paesi interi trasformandoci in una provincia periferica del Bangladesh, solo con più gondole.
I veneti, però, sembrano non capire.
Acclamano Zaia e la sua crociata alle tasse, forse rimpiangono Galan, che “quando c’era lui le cose funzionavano”. Eppure i numeri sono spietati, raccontano una realtà feroce. Leggo sul Fatto che dal 1950 ad oggi, la superficie urbanizzata della regione è aumentata del 324%

Si, avete letto bene: 324%.

Nello stesso arco di tempo la popolazione è aumentata, certo, ma del 32%.

È l’asfalto a non andare d’accordo con la pioggia; è la cementificazione a rendere fragile e friabile un terreno paludoso come il nostro. Queste precipitazioni non sono nulla di eccezionale, non stiamo di certo parlando del fottuto diluvio universale.
Eppure i veneti non capiscono.

Ci ritroveremmo tutti sott’acqua, a ricordare quanto bello e quadrato era il nostro capannone.

lunedì 8 novembre 2010

Youporn, l'Oracolo

Pubblicato sul settimanale "3D" allegato a Terra

Tutto torna. C'è un qualcosa di morboso che regge le fila di queste elezioni di mid-term americane. Cominciamo dal recente passato, il trionfo di Obama alle presidenziali del 2008. Quella vittoria storica è passata agli annali per svariati motivi (il post-Bush&Cheney, il riscatto dei liberal ecc.) ma soprattutto per il colore della pelle dell'eletto. Marrone, come quella degli schiavi negri di un ieri mai abbastanza distante; come quella di Martin Luther King e del suo dream; come quella di Valentino.
Il vittorioso Obama ha visto però il suo consenso sbriciolarsi in due anni sotto la morsa della crisi e delle tanto contestate riforme.

Il simbolo del dissenso anti-Barack? Sarah Palin dall'Alaska, una piacente signora con poche idee ma con il fascino tipico delle donne di mezza età che non disdegnano il sybian. Una milf, se volessimo taggarla nel video porno che è la nostra vita. Studiando i dati Google Analytics, si nota come il tag black dominasse il web di due anni fa, preludendo alla vittoria di Obama. In questi ultimi mesi, invece, abbiamo assistito alla riscossa della tag milf, croce e delizia di ogni smanettone con le mani sudate.

Tutto torna, o, per dirla con le Sacre Scritture, tutto è già scritto. Alle presidenza del 2012, lasciate perdere Glenn Beck, la Msnbc e la cerchia di sondaggisti a gettone. Setacciate il web, telefonate a quell'amico segaiolo delle scuole media, chiedetegli delle dritte, navigate tra le perversioni sessuali dei cittadini. Saprete il nome del vincitore prima di Drudge Report — e saprete quello vero.


Una profezia per il 2012? Andrà molto la tag midjet. Peccato che Gary Coleman ci abbia lasciato.

lunedì 1 novembre 2010

Lega Nord, una valida alternativa all'LSD

Pubblicato sull'inserto "3D" di Terra

Negli anni Sessanta i giovani ascoltavano la musica rock e immergevano la loro lingua nell'LSD per sballarsi ed estraniarsi dal mondo reale. Mai giovani sixties erano stupidi, terribilmente stupidi. Nessuna droga può infatti superare lo squilibrio logico che comporta il seguire il dibattito politico sulla guerra in Afganistan. Infatti, ogni volta che un soldato perisce in quella terra così rigonfia d'oppio, qui in Italia fioriscono mantra bellici, che subito rimbalzano su giornali e tv, causando spesso spiacevoli episodi come il terribile “editoriale di Adriano Sofri”, sorta di sanguisuga paracula in grado di non dire nulla – ma con grande charme.

Ebbene, in questi giorni la sinistra (impersonata scherzosamente dal Partito Democratico) ha, nell'ordine: gongolato all'idea di dotare gli aerei di bombe, missili e altre chincaglierie tipiche da missione di pace (Fassino); e disertato la manifestazione della FIOM a Roma.

Nel frattempo, labirintica, la Lega si è chiesta a cosa serve stare in Afghanistan ed è inspiegabilmente adorata dagli operai. Ed è qui che entrano in gioco le droghe lisergiche, di cui prima: ascoltare un leghista schierarsi contro la guerra è allucinante e allucinogeno, come visitare universi paralleli alternativi al nostro. Posti dove Stairway to heaven risuona dai dischi di Drupi, Sasha Grey è papa con il nome di Analo I, e Calderoli si avvicina al pacifiscmo.

Il rischio, attenzione, è comunque enorme: non si hanno ancora studi sugli effetti a lungo termine di queste discussioni. Pare che un giovane varesotto pacifista, non sia più uscito dall'ultimo trip e vaghi per le campagne falsificando voti per Cota.

domenica 31 ottobre 2010

Processi culturali

Mi fanno ridere quelli che non voglio festeggiare Halloween qui in Italia "perché non appartiene alla nostra cultura". E il bukkake, allora?

sabato 30 ottobre 2010

Quanto è troia Cappuccetto Rosso

Vivo a disagio, e non sono sicuramente il solo, questa fase bestiale del bipolarismo. Vivo a disagio la riduzione della lotta politica all’orgia e al sesso cantato, ma anche l’irresponsabilità di chi offre pretesti generosi, confondendo da ambo le parti ruoli pubblici e fatti privati. La spazzatura cresce e copre la realtà.
Marcello Veneziani ha le idee chiare: il sequel del Vagina-gate berlusconiano non è farina esclusivamente del sacco del Cavaliere e dei suoi ormoni grossi come Mangano. No, qui è il sistema a non andare. Dannato bipolarismo, la cui "fase bestiale" (subito successiva a quella anale, immagino) spinge misteriosamente l'angioletto d'Arcore ad incularsi moltissime donne, che siano prostitute, suore badesse o agenti nordcoreane, quando in realtà vorrebbe semplicemente rimanere vergine, sazio solo dell'amore del Suo popolo.

Che il commento di Veneziani di oggi sul Giornale fosse un qualcosa di disumano, l'avevo dedotto sin dal titolo ("Meglio l'orco dei suoi aguzzini"), una formuletta magica che rovescia millenni di tradizione fiabesca e ti fa capire che:

  • Capuccetto Rosso, dopottutto, era una troia;
  • il Lupo Cattivo un imprenditore buono e amante della bella vita;
  • la Nonnina una ninfomane strafatta di crack.

Ma il contenuto è anche meglio. Marcellino, quando gioca a fare l'intellettuale, fa sul serio e lascia che la verve polemica lo libri in aria, dove forgia editoriali appassionati battendo a macchina nell'iperuranio:

La fabbrica del letame lavora in continuazione; a volte produce concime artificiale, a volte fa pagare dieci volte tanto il concime naturale che il circo del potere fornisce.

Sotto questa poetica metafora densa di letame sta il motto di via Negri: ispezionate la merda, se non trovate niente, mangiatevela.
Pochi scherzi, comunque: il nostro Veneziani è affranto, disilluso. Essendosi autoconvito che il problema siano i media che parlano dello scandalo e non chi nello scandalo ci sguazza, il nostro uomo vaga confuso, pensando anche al peggio.

Sto pensando sul serio, anche se vivo di quel che scrivo, di ritirarmi e di non occuparmi più di queste cose. (...) L’accanimento è feroce e velenoso, ed è forse l’unica ragione che porta alla fine a preferire l’orco ai suoi aguzzini; ma sono stanco di parlarne, non voglio più discutere di zoccole, toghe e questurini.

"Preferire l'orco ai suoi aguzzini?" Stiamo parlando di Avetrana o del Bordello Grazioli? E poi, caro Veneziani, se non vuoi più discutere di "zoccolo, toghe e questurini", dovresti allontanarti da un partito guidato da un puttaniere pluri-indagato, per prima cosa.
Volteggiando in aria per una cartella o poco più, Marcello Veneziani riesce a non tangere il cuore della questione (lo scandalo sessuale) per concentrarsi sulla morbosità dei media (fin troppo cauti in questo caso, se confrontati con quello che quelli americani fecero a Clinton per una fellatio) e - ca va sans dire - sul "giudice " Marco Travaglio e il suo tribunale mediatico Annozero.

A nulla serve spiegare che B. andrebbe a prostitute con o senza Annozero, Santoro, Travaglio e Veneziani stesso.
Ma la delusione è troppo grande, il nostro intellettuale non la sopporta più e sbraca nell'invettiva ultima:

Se questa è la democrazia, detesto la democrazia, se questa è la libertà d’informazione, mi vergogno della libertà e dell’informazione.
Bravo Marcello, il passo più importante è riuscire a confessarselo.




venerdì 29 ottobre 2010

Sarx88 o la dottrina nazionalsocialista?

La crisi della sinistra ha radici lunghe e annodate, che generano godibili intrecci sotterranei molto simili a Natta di profilo. I migliori intellettuali e sociologi si sono interrogati sul perché di questa deriva populista seguita da una misteriosa allergia allo stato sociale.
Il mondo sta cambiando, siamo alle porte di un stravolgimento politicoculturaleclimatico&mediale, quindi è pacifico che anche la sinistra (le cui base ideologiche albergano nel XIX secolo) sia sconvolta e soffra il pressing del sempreverde populismo becero — uguale a se stesso dai tempi di Cleopatra.

Un’analisi discreta e abbastanza solida, che però non regge l’impatto di una variabile inaspettata e nuova, Sarx88.

Chi è costui? Un sedicente vignettista che scorrazza su Dagospia e primeggia nell’ultima pagina del Fatto Quotidiano, alternato con un altra mente luminosa suo pari, TheHand.

Che questo barbaro del Photoshop, la cui mancanza di senso estetico, stile e umorismo coprirebbe la provincia di Viterbo, faccia sorridere qualcuno è pensiero-ossessione che mi disturba le notti quanto quello di un Maurizio Costanzo in vena di fisting. Mi ricordo i suoi esordi su Dagospia, quando, paraculissimo, progettava vignacce ad hoc sui temi trattati dal sito, finendo per produrre materiale macchinoso e assolutamente innaturale. Progettato per essere supino, il nostro artista autoelettosi tale riuscirebbe a photoshoppare un Sandro Bondi vestito da zebra dentro una casa popolata da nomadi ghiotti di formaggini, se il giornale di turno dovesse pubblicare un servizio su come il ministro della cultura italiano sia un ceffo antropologicamente funny.

Ma il peggio deve ancora venire: quanti membri del Popolo Viola lo stimano e apprezzano? Quei ragazzi del No B. Day non dovevano essere la nuova leva, il Sole dell’Avvenire made in Micromega (almeno dei sogni di Flores)? Ma come ci si fa a fidare di gente che ride così male? Non ci può essere progresso, se la tua risata è malata. Il solo fatto che Sarx88, intervistato da Lino Giustazzi, si sia vantato d’essere uno del Popolo Viola, avrebbe dovuto metterne in allarme gli organizzatori, i quali, solerti, sarebbero stati costetti a stendere un freddo comunicato:

“non c’entriamo nulla con Sarx88 poiché auspichiamo al bello e al meglio. Se avessimo voluto Sarx, tanto valeva tingere la nostra anima con i colori dell’Uduer.”

Bisogna resistere al banale sarxiano e ai giornalisti che procrastinano queste sconcerie, altrimenti l’epidemia dilagherà. E dilagherà, ancora. E io non voglio vivere in un futuro in cui Sarx disegna le copertine del New Yorker.

PENSACIX.

P.S. se una vignetta sul Porcellum di Calderoli vi fa ridere perché rappresenta un maiale truccato in modo pesante, siete il diavolo. E no, non migliorerete nessun paese di nessuno mondo in alcun modo, anzi, indovinate un po’, sarete complici. Perché? Perché la comicità è una cosa seria, se ridete per Martufello, meritate che il global warming se la prenda con il vostro colon, forever.

Dubbi

E se Sarx88 fosse il diavolo?

giovedì 28 ottobre 2010

La logica di ferro berlusconian-leghista, ovvero Se Aristotele fosse qui, vorrebbe un'aspirina

Evidence number one. C’è questo mio amico che odia i terroni ed è tutto felice perché è tornata la spazzatura. Inoltre, dice, la vogliono mettere sotto il Vesuvio, così qualora esplodesse (il mio amico non usa i congiuntivi e i qualora, ndr) la lava si miscelerebbe alla monnezza — e sai che figata.

Quando c’era Prodi al governo e Napoli era sepolta dai rifiuti, il mio amico (lo stesso di cui sopra) diceva che i soliti comunisti cialtroni non sapevano neanche gestire gli schifi che buttiamo via. E comunque, per inciso, si dimostrava lieto di vedere Napoli sommersa dalla merda “più di quanto non lo è normalmente”.

Evidence number two. Il mio amico era tutto felice perché quest’estate tutti sbavavano dietro la pagliuzza di Fini e stavano genuflessi, godendosi la trave scheggiata di Berlusconi. Diceva che Fini era un ladro, un truffatore e un fascista. Lo criticava inoltre perché “oramai è diventato comunista”.

Evidence number three. Ieri, quando la procura ha archiviato il caso di Montecarlo, ha detto che era prevedibile, dato che la magistratura (compreso il glorioso Tribunale di Roma) è tronfia di comunisti.
Io gli ho detto che Fini aveva compiuto un gesto non etico e poco onesto, roba da fine carriera in alcuni paesi europei, ma che non rappresentava una violazione di un qualsiasi codice.
Lui ha risposto che le leggi dei magistrati fanno cagare. Gli ho accennato alla separazione dei poteri ma mi ha interrotto dicendo che non legge Grisham.

Evidence number four. Il mio amico odia i negri, i romeni, i rom e gli indiani. Sua nonna, che non va mai a trovare e si sbriciola in solitudine, è accudita da una romena. Un negro gli vende il fumo, un indiano la coca e un rom gli scopa la sorella.
Ma lui niente, zero riconoscenza.

sabato 23 ottobre 2010

Quella volta che Bruno rimase intrappolato nel plastico di Avetrana

Bruno entrò; tutto era così piccolo e anche lui si era misteriosamente rimpicciolito. Pensò ad una diavoleria sovietica, un esperimento di qualche terrorista atto a levare lui, il più noto giornalista del paese, dalla scena del delitto dell’anno. Brunò cammino per la stanza, si guardò attorno: ogni cosa sembrava essere stata fatta da un Dio certosino dalle mani lunghe e affusolate. C’era un tavolo sulla destra, ebano scuro come il petrolio, e sopra un cesto con delle mele.

“Ho fame, ne prenderò una” pensò Bruno. Bruno la assaggiò. Era finta: gli piacque particolarmente.

A vedere quella piccola casupola dall’interno, da un punto di vista altrettanto minuscolo, tutto sembrava più chiaro. Bruno capì che chi ci abitava non erano semplici pupazzi da far vivere a forza tra quelle mura bugiarde. “Erano davvero delle persone!” capì l’ometto, accarezzandosi la guancia destra, antica residenza di decine di nèi.

“Chissà che ne penserebbe Crepet di un ragionamento così bello” si domandò Bruno, ricordando l’amico di mille paraculate.

C’era un crocefisso sul muro e sotto quello una cassettiera orrenda colma di arnesi, tovaglie, bicchieri e altre cose. “Tutte le cose utili per la casa sono anche ottime armi”, riflesse l’uomo maneggiando un simpatico dispencer per stuzzicadenti a forma di drone. Sopra questa, poco più sotto del Cristo appeso, delle foto di famiglia. C’era pure anche la ragazza morta, quella che era stata uccisa. “Com’è che si chiamava? E poi chi era stato?” Avevano arrestato tutti: lo zio, la cugina, la madre, la nipote. La gente non sapeva più cosa pensare e chi odiare. Al bar sotto casa sua, Bruno aveva notato che la ragazza uccisa e gettata nel pozzo stava lentamente tramontando dietro l’orrizzonte degli argomenti cool, surclassata da il camorrista del GF 11 e da il sacerdote licantropo che non solo si incula bambini ma li trasforma in licantropi generando un esercito di mostri usi a inculare e trasformare in mostri gli inculati.

“Dio mio, che confusione,” concluse Bruno, “qui bisogna fare qualcosa”.

“È vero, Bruno.”

Bruno sentì il proprio sangue ghiacciarsi dentro il cuore. Chi aveva parlato?

“No, impossibile che cii sia qualcuno” cercò di convincersi. Era solo, in quella casa minuscola dentro lo studio televisivo del suo programma. Si era ritrovato misteriosamente minuscolo e imprigionato, certo, ma una cosa era sicura: era solo. Almeno fino a quel momento, il momento in cui una voce maestosa ruppe quel silenzio minuscolo. Bruno si voltò. “Dev’essere l’assassino!” dedusse, “gli assassini tornano sempre sulla scena del delitto”.

Voltatosi, lo vide. “CAZZO!” gridò. “Ma allora..”, il giornalista indietreggiava balbettando, “…allora sei stato tu!”

La misteriosa figura sorrise, e mosse leggermente il braccio destro mostrando un piccolo pugnale — il manico di pessima qualità intarsiato di perle finte.

Brunò tentò di urlare, di chiamare aiuto o almeno di ricordarsi in quale tasca aveva lasciato il cellulare per chiamare la polizia, ma la curiosità era troppa.

“Sarò l’unico a sapere se l’assassino è anche uno stupratore! Questo si sarebbe uno scoop!”.

E morì con uno strano sorriso da share al duemila per cento.

lunedì 11 ottobre 2010

My country ripped in 4 weeks!

Silvio Berlusconi dice di fare molte cose belle. Il ponte sullo stretto, la Salerno-Reggio Calabria.
Ma non gli credo: mi ricorda uno di quei banner da siti porno in cui un uomo muscolosissimo dice d'essere diventato così cool in poche settimane, mentre un tempo era proprio come te, mezzasega.
Be', io a persone del genere non credo. Non dopo tutti i soldi che ho speso senza diventare muscoloso.

L'uomo che fischia perché matto

Al mio paese c'è un bar, uno dei tanti bar del mio paese, e oggi ero lì che bevevo un caffé col gomito appoggiato al bancone, come fanno i fighi nei film girati negli Stati Uniti. Stavo chiaccherando con la barista del più e del meno e di quanto, nonostante il freddo, il mio volto fosse dannatamente ergonomico, quando è entrato un matto. Nel mio paese ci sono molti matti, dice che è tradizione e che una volta, qualche lustro fa, un matto antico è stato anche sindaco del mio paese, perché tutti i matti si erano uniti e avevano creato questa lista (alleata con i socialdemocratici) che prese il controllo del Comune trasformandolo in un buffo annaffiatoio. E il matto, quello di oggi dentro al bar, è famoso in paese perché dice di sapere imitare tutti i versi dei volatili esistenti e fischietta di continuo dicendo frasi che non si capiscono bene. Entra e dice al padrone del bar che è tutto felice perché aveva appena visto due volanti della polizia fermare "un marocchino e un negro" e portarseli via.
"Meno due!" ha gridato il matto.

E io ho pensato che la sua frase ("un marocchino e un negro") era assai importante: perché non è razzismo, è cromatismo.

domenica 10 ottobre 2010

L'uomo della strada, il terribile uomo della strada

Il Pd continua ad avvalersi di pubblicitari provenienti da Mordor, pare. Eppure i suoi esponenti cianciano di "conquista del ceto medio" e di "linguaggio più chiaro". Lo slogan poco più sopra è di certo chiaro, conciso e esplicativo ma l'uomo della strada (un mostro metà Paolo Fox metà Martufello) si nutre di speranza e - se c'è Berlusconi nei paraggi - di bugie. L'uomo della strada non vuole rimboccarsi le maniche, quello lo fa già in fabbrica, in ufficio, al bar.

Bersani non vincerà mai un'elezione. Never ever. E dopotutto non è poi una così brutta notizia.

Avanti un altro.

sabato 9 ottobre 2010

I fan di Lele Mora su Facebook, fior da fiore

Su Facebook io e Lele Mora abbiamo un amico in comune (di cui non rivelo l'identità per vari motivi). Questo mio amico, chiamiamolo Gola Profonda, è il ponte che lega il sottoscritto, giovane piacente del nord Italia, a Mora, sorta di fusione tra un tortellino e un masso sull'asfalto.
Quel tipo di masso che però ti palpa il culo.

La sua official page è molto frequentata, ha una bacheca ricca di messaggi di stima, solidarietà e domande che gli utenti genuflessi al panzone lasciano, sperando in una risposta. Lele Mora ha 18.222 "fan" che sembrano, nella maggior parte dei casi, sfegatati e - all'italian style - sprovvisti di senso critico. Loro amano Lele. Credono in Lele. Si fidano di Lele. Come i satanisti, cercano di evocare il loro idolo con riti bizzarri e buffi, che normalmente si concludono con sodomie, schiamazzi notturni e sborrate simil-Vajont. Il loro leader, quando risponde, lo fa indirettamente: evocarlo è cosa ardua e nella maggior parte dei casi, Lele preferisce delegare al suo ufficio stampa comunicazione urgenti come AVVISO IMPORTANTE: C'è un profilo FALSO di LELE MORA che incita le ragazze ad inviare fotografie e materiale all'indirizzo lelemora@libero.it . Diffidate da tale personaggio, l'unica pagina ufficiale gestita e controllata da Lele Mora è questa e l'unico modo per inviare il vostro materiale all'agenzia LM è iscriversi attraverso il sito internet www.lelemora.com sezione Casting. Grazie o Paolo Meneguzzi ospite domani 10 Ottobre a "Domenica Cinque" , Canale 5. oppure la pubblicazione di link indispensabili e criptici, come: Enzo Iacchetti porta in televisione la salute mentale.

Attorno a questi rarefatti messaggi di fumo, un crogiuolo suburbano di aspiranti tronisti, opinionisti asintattici, menti bacate e ragazzi emo-core pronti a subaffittare il culo per diventare fammmosi. Prendiamo il soggetto Fabrizio, adoloscente ben riassunto dal suo avatar (bocca arricciata, capelli imbeccili, occhio da tonno) che posta in bacheca un sincero Lele sei fantastico. O Enrico, la cui foto lo ritrae pensieroso mentre si tiene adeso alla testa il cappuccio della felpa, come a difendersi dall'infuenza pestifera dei dannati matusa. Il soggetto si limita ad un BUONA SERA..... UN BACIOOO:), portando l'arte del caps lock verso orrizzonti inediti.

È a questo punto che noto qualcosa: un refrain, forse un messaggio in codice. Gran parte dei post in bacheca finiscono col termine BACIO o il suo equivolente inglese Kiss, reso molto spesso tenendo
schiacciato per molti secondi l'incolpevole tasto s della tastiera, dando alla luce aborti british come kissssssssssss. Lo fa Jessica ma anche Salvo (che aggiunge d'aver gradito la cena con il Mora); segue Alessio (che, smarrito, domanda a chi/cosa mandare il suo curriculum per diventare un vip). E così via. Si comincia mandando un kiss e in men che non si dica, ci si ritrova in Sardegna a massaggiare dei caciocavalli che qualcuno spaccia per "i piedi di Lele".

Ma il vero eroe è Nicola, un giovane tamarro che lascia un saluto commovente, struggente, roba grossa: buongiorno a tutti anche ed a te Lele.
Scusate, la riscrivo. Rileggetela.
buongiorno a tutti anche ed a te Lele.

Bene, ora una breve parentesi.

Breve analisi del commento di Nicola
(alla ricerca di un futuro migliore)


La frase che il soggetto voleva scrivere non è particolarmente difficile. Spezziamo la sentence in due parte, per facilitarci il lavoro:

parte 1: buongiorno a tutti
parte 2: anche ed a te Lele.

Procediamo: la prima parte è corretta e non fa una grinza. D'altronde è quel genere di frasi che difficilmente un indigeno italiano sbaglierebbe. Come se uno di Oxford scrivesse I Lovve Yu. Difficile.
Ma è le seconda parte a farmi pensare: difatti Nicola poteva sbrigarsela facilmente con un "buongiorno anche a te, Lele" (questo, credo, il senso del messaggio). E invece no, armato di machete, il soggetto ha deciso di tentare un fuoripista, cadendo malamente e rompendosi alcuni ossicini semantici. Il risultato finale è l'equivalente linguistico di uno di quei buffi errori genetici che potete ammirare su rotten.com. Incapibile, inspiegabile, imperdonabile: vera benzina per il motore di Lele Mora, insomma.

Quello che ho capito, surfando rammingo tra i commenti alla pagina di LM, è che la tv è cattiva e genera mostri, al pari del sonno della ragione — che d'altra parte rappresenta a pieno. E che questi mutaforma corrotti dalle antenne di Cologno Monzese sono peggio della fantomatica "casalinga di Voghera". No, questi sono i figli di quella vecchia troiona. E sono tanti. Sono la maggioranza.

Prepariamo le trincee, la guerra sarà ardua.

giovedì 7 ottobre 2010

Giornalismo


Se poi mi chiedete qual è l'intervista più imbecille che ho letto in questi ultimi tempi, be', io dico questa: Carlo Rossella ci spiega che Bocchino "scamiciato" non sta bene, quindi va da se che siamo in un regime.
Quando un lol non basta, ci vuole un orcodio constestualizzato: "orcodio nel culo di Fisichella".

Berlusconismo 2.0, fior da fiore

La notizia dovrebbe produrre conseguenze simili all'indagine su Watergate del Washington Post. Che Sallusti e Porro, direttore e vice-direttore de il Giornale (di proprietà del fratello del Premier italiano), siano indagati per "minacce private" alla Marcegaglia, presidentessa di Confindustria, è un fatto a dir poco scottante.

Ma non voglio parlare di cronaca, lascio fare ad altri. Mi impegnerò invece a fare quello che so far meglio, ossia leggere e commentare (morbosamente) i commenti alla notizia ne ilgiornale.it. Come la prenderanno gli elettori berluscon-bossiani?
Male? Bene? Ma che, avete dubbi?

Cominciamo (le parti in rosso sono citazioni dai commenti dell'articolo):

1) Un lettore anonimo sbriga la faccenduola richiamando l'ormai epico "clima d'odio" para-stalinista. Niente d'eccezionale, certo, ma è solo il primo. Miglioreremo.
"...la causa è il clima di odio fomentato dalla sinistra."

2)
Fernando442501 è un soggetto interessante: il suo discorso è denso di paranoia e totalmente abbarbicato sul freddo colle del cospirazionismo basato sul nulla. Per Fernando lo scandalo non è il fatto in se, anzi. Avercene di spioni del genere!
Dove sono i garanti della libertà di stampa e sulle intercettazioni. E' assurdo che ciò avvenga, è vero viviamo nella repubblica delle banane. Viene da chiedersi perchè la perquisizione è stata affidata ai NOE dei Carabinieri. Sono esperti - almeno per quanto noto - della ricerca di prove di inquinamenoi ambientale e non di dossieraggio o di ricerca di files più o meno nascosti nei computer. Tutto è molto strano ed in attesa di chiarimenti spaventa qualsiasi cittadino che crede di vivere in un Paese democratico per poi scoprire che ha i Carabinieri alla porta incaricati di indagare su un'ipotesi di reato scaturita da un'innocua e forse scherzosa chiaccherata per telefono. Speriamo, quindi, che questo commento non susciti l'interesse di indagine da parte di qualcuno! Forse c'è qualcosa da fare !

3) Grazie al cielo c'è Aldo 1942, che ci spiega che c'è puzza di fascismo nell'aria. Ah no, scusate, lui lo dice in difesa di Sallusti&Porro. Le toghe politicizzate-comuniste-che-però-vogliono-il-ritorno-del-fascismo sono già un must. Impagabile. Grazie, Alduccio.
Stiamo assistendo al ritorno del Fascismo. Chi non si adegua viene inquisito, condannato e e sottoposto al pubblico ludibrio. A quando il ritorno dell' Olio di ricino? Quando verrà ridimensionata questa magistratura rossa che attacca poroditoriamente il sistema di libertà e democrazia ed il diritto all'informazione? Dobbiamo sendere in piazza, pretendere l'allontanamento delle toghe politicizzate ed il ridimensionamento dei poteri illimitati di una magistratura corrotta. Aldo.

4) Michele Lascaro ha le idee chiare: non mi risulta, dice, che la Marcegaglia sia tanto importante (quindi tanto vale spiarla, tanto è solo la presidentessa di Confindustria) da suscitare in alcuni PM, che forse non avevano più tanta visibilità mediatica, il desiderio di rovistare nelle carte del Giornale. Che cerchino forse altri tipi di carte? Si, Woodcock sta cercando altre carte perché vuole invocare il drago Shenron.

5)
Fate attenzione a eglanthyne, che è un vero idolo. Il suo commento, brevissimo, riassume tutto il berlusconismo con il "io so' io e voi nun siete un cazzo". L'utente non manda giù l'idea che a perquisire la redazione sia stato un pm con il nome non italiano, a quanto pare. Non sembra granché interessato al fatto in se, ovvero l'idea che il "suo" giornale sia diretto da gente poco raccomandabile, solita a fare la morale con il ditino alzato (caso Fini) o inventarsi notizie contro gli avversari (Di Pietro, Boffo)
Henry John CHI ?????????????? , solidarietà al direttore e alla redazione .

6) Fedele50 sta sul classico senza per questo rinunciare al garbo made in Cologno Monzese. Molto fruttato, al palato un po' fecale.
SIGNOR PRESIDENTE DEL CSM COME GIA' SI SA IL magistrato woodcook, non ne ha azzeccata una sarebbe da licenziare in tronco e mandarlo a zappare con una zappa da 20 kili insieme al trattorista di montenero.

7) Senior tocca il nervo scoperto dell'editoria italiana, gridando:
Sono certo che se fosse toccato al giornale "la Repubblica" ci sarebbero già cortei di protesta, ma si sa da quella parte non accade nulla. Forse perché a Repubblica non usano mezzi da servizi segreti deviati per fare fuori gli avversari politici del fratello del loro padrone. Forse.

8) danspe è conciso e addolorato:
Che triste vedere la nostra Italia in balia di una certa magistratura... Già, la magistratura!

9) marcothink è uno storico dal pensiero rivoluzionario, suo la teoria secondo la quale Fini è il gollum dei magistrati comunisti. Niente male, mancano solo i klingon.

se attacchi Fini, il Giuda dei magistrati sinistri, rischi persecuzioni...

10) egf è distrutto, il lutto a cingergli telematicamente il braccio destro. Lui/lei afferma: Queste sono prove tecniche di dittatura e ancora una volta è la magistratura a distinguersi in tal senso. E poi fanno pure le vittime sentendosi delegittimati............. E il temino termina con un non meglio precisato: ma loro vi si mettono d'impegno. Un commento troppo emotivo e per questo poco chiaro: chi si deve mettere d'impegno? Fini? Sallusti? I magistrati? Berlusconi? Dio? Pupi Avati? egf stesso? Dannato ermetismo.

11) ego (nomen, anzi nickname omen) commenta solo dopo aver controllato gli ultimi scritti di Jung e saggiamente decreta: Questo magistrato è un esaltato. Andrebbe sottoposto a perizia psichiatrica. Niente paura, ego, tutte cose facilmente risolvibili con un piccolo test psico-attitudinale.

12) Poche parole per birillo110 che, da bravo uomo del fare, riassume il suo programma in poche battute: Elezione popolare dei magistrati e smeridionalizzazione di questa compagnia di galantuomini meridionali insediati come tutti sappiamo. Non capisco: ma non erano i giudici milanesi (del Nord) il problema?

13) E infine un commento criptico, che può essere letto in due modi:
prima interpretazione. silviob2, l'utente, è un accanito elettore berlusconiano che di nome fa Silvio e che è drammaticamente preoccupato dalla perquisa al Giornale. Così afferma:
Il grande fratello (format Endemol, by the way). oppure;
seconda interpretazione. silviob2 è un nickname che richiama volutamente la P2. L'utente è un antiberlusconiano in vena di scherzi. E forse (forse) quell'utente sono io, perché no?

martedì 5 ottobre 2010

Contro il suffragio universale / 2


Altro spunto per un'analisi da cazzoduro sul suffragio universale.

Nel 2008, anno delle storiche elezioni presidenziali USA che hanno visto vincitore Barack Obama, poche settimane prima del voto c'erano ancora milioni di americani "indecisi". Ciò dopo due anni di campagna elettorale incessante, i cui malmostosi reverberi non hanno mancato d'arrivare anche nella piccola Italia. Prima le primarie democratiche (Hillary Clinton vs Barack Obama, ovvero milf vs black), poi quelle repubblicane. Poi il duello vero e proprio, Bush che si liquefa su se stesso, il reflusso di otto anni di guerre criminali e costosissime con l'aggiunta di un scellerato taglio delle tasse (in tempo di guerra!) - tutte cosine che non mancando di impoverire gli States ancora oggi. E Guantanamo, l'ambiente, i diritti civili, un presidente che quasi si strozza con un salatino, Bin Laden ancora libero come un Priebke qualsiasi. McCain, il candidato repubblicano, che sceglie come vice Sarah Palin (ancora lontana dai tristi fasti del Tea Party), la quale in pochi giorni si rivela per un'incapace unfit to lead America (cit.). Problemi grossi, non semplici calcoli renali nel sistema statunitense bensì dei macigni infuocati da eiettare dal proprio cazzo a stelle e strisce.
Parallalelamente a questo pantano neo-con, un presidente liberal-quanto-basta, afroamericano, una star adorata dal mondo, con un programma chiaro e la scritta hope a seguirlo come un'ombra.

Una scelta elementare, direte voi: perpetuare l'andazzo repubblicano made in Dick Cheney (un tipino che a caccia spara in faccia a un suo amico e pretende di poter creare una "enduring freedom" globale) oppure cambiare, sperando in un futuro migliore?
Tutto il mondo aveva già deciso, pure mia nonna diceva "quel negretto lì, speriamo che vinca, vallà".

Eppure dopo decine di mesi di dibattiti, programmi, scandali, successi e promesse, il 14% degli elettori USA non aveva ancora le idee chiare sul voto. Il punto non è l'indecisione o il dubbio, che sono il sale e il pepe del discorso logico e suonano come la kriptonite per i tentativi di dogmatizzazione vari e eventuali; il problema è il sentimento che molti provano riguardo la politica.

Quale sentimento? Quello de "e 'sticazzi?", ossia il senso di leggerezza dato dal diritto al voto per tutti, che invece di riempire d'orgoglio i cittadini (tutti i cittadini), li rende pacificamente certi di poter mettere una croce su un simbolo anyway, anyhow.

Il diritto al voto, cari miei, è una comodità che non ci meritiamo. Votare, eleggere i rappresentanti della comunità, non dev'essere una cosa ovvia. Deve risultare un peso, un fardello che non ti fa dormire sonni tranquilli.

Chiedersi "che fine ha fatto il mio voto?" è cosa giusta e sacrosanta. Ma spesso mi chiedo: che fine facciamo fare ai nostri voti?

Io una volta me lo son chiesto, quando strafatto di chinotto scaduto ho votato Udeur.

Monelli


Pare che l'agressore fosse un malato di mente potenzialmente violento intenzionato ad eliminare Maurizio Belpietro oppure un malato di mente potenzialmente violento intenzionato a farsi firmare l'abbonamente a Libero da Maurizio Belpietro.

lunedì 4 ottobre 2010

Questione di contesto



















Prima di tutto sono nato e cresciuto in Veneto, la regione italiana dove le bestemmie sono andate nei secoli a sostituire le virgole nel discorso orale und scritto. Quindi sono sufficentemente in grado di trattare l'argomento bestemmia-di-Berlusconi senza farmi trascinare dalla politica. La vicenda è nota, il cavaliere stava facendo normalmente il suo lavoro (parlare con la ggente, raccontare barzelette, sorridere) attorniato da alcuni fedeli omini dell'esercito. I quali, molto professionali e evidentemente annoiati dal poco lavoro che l'Abruzzo post-sismico offriva loro, ascoltavano il Premier raccontare una barzeletta che chi scrive ha sentito per la prima in volta in prima media e per l'ultima in seconda media.


Fermiamoci qui. Mentre guardavo per la prima volta il video incriminato, conoscendo il finale della barza, mi ripetevo: "No, non può dire quello che penso".
E invece.

La cosa simpatica della vicenda - tralasciando la parte di competenza degli analisti di corte - è il dolce cameo di Rosy Bindi, nemesi estetica del Berluskaz, che svolge a seconda dei pruriti una vastissima serie di parti: la brutta oppure la brutta antipatica o, ancora, il cesso. La Bindi è l'hook che riporta al politico il momento goliardico, la sirena che annuncia una piccola supposta elettorale travestita da rigurgito di Gino Bramieri.

E infatti, puntuale come un'ispezione di Mastella, arriva il finalino, coronato da quell'ORCODIO che è già leggenda.

Porco dio, Berlusconi ha FUCKING BESTEMMIATO! Non è figo? Secondo me si, dio cane.

domenica 3 ottobre 2010

Racconto giapponese

Tempo fa un vecchio saggio giapponese si perse in uno di quei boschi che hanno in Giappone e vi vagò per alcuni giorni, costretto a cibarsi di muschi e licheni giapponesi. La lavanda cresceva rigogliosa e non l'avresti detto mai che quella selva così colorata, di notte diventasse una trappola mortale, paurosa come Satana che canta Simbaweda. E l'oscurità portava con se suoni misteriosi e carichi di rabbia: il vecchio si sentiva solo e abbandonato. Pianse.

Asciugatosi le copiose lacrime, prese a parlare con dio - uno di quei dèi che hanno in Giappone - e chiese perdono dei suoi peccati. Non gli importava sapere quali e quanti fossero stati i peccati fatti in tutta la sua vita giapponese, al vecchio giapponese, solo voleva salvarsi da quelle frasche che come arti diabolici lo avvolgevano in modo giapponese. Sussurando parole di pietà e speranza, mentre gli occhi tumefatti di lacrime parevano esplodergli, il vecchio saggio elemosinava la salvezza. E aspettava.

D'un tratto, da una frasca giapponese, uscì il dio giapponese di maggior successo, Ho Chai-Te, e sorrise all'anziano nipponico. Poi gli chiese: "Vuoi davvero uscire da questo luogo ameno, mistico e giapponese?"
"Si, o Signore", rispose il saggio giapponesamente incredulo.
La divinità sorrise, facendo scomparire i propri piccoli occhi a mandorla dietro una smorfia di bontà. Poi aggiunse. "Ma lo sai che Pino Insegno presenta un quiz alle 8?"
"Non lo sapevo, Signore", rispose l'anziano, "sul serio?"
"Parola di Dio" rispose il dio.
"E allora col cazzo che esco di qui" concluse l'anziano giapponese in modo notevolmente giapponese.

sabato 2 ottobre 2010

Contro il suffragio universale / 1

Ogni volta che parlo di suffragio universale, trattandolo per quello che è, ovvero un bug nel sistema della Democrazia, i miei interlocutori (soprattutto manichini di Intimissimi con i capezzoli levigati da manager schiumanti di cilicio) si trovano d'accordo con me. Ma non nel modo giusto. La loro teoria è inevitabilmente settaria, snob e abbonata a Internazionale. E finisce (nel 97,8% dei casi presi in esame nel mio esperimento - purtroppo mai avvenuto) con un concetto sempreverde che può essere declinato in vari modi, a seconda di quanto alti sono gli schizzi di merda che sono in grado di far precipitare sulla folla (e se stessi, è questo il bello). Ecco i finalini preferiti da questi principianti del vivere:

1. "Giusto, dovrebbero poter votare solo i laureati!";
2. "Giusto, se non sai la storia non puoi votare!";
3. "No, non ho voglia di guardarti il cazzo mentre dormi".
Nei primi due casi presi in esame, i soggetti rimangono sul tema finendo inevitabilmente nel terribile fuoripista del "Io so' io e voi non siete un cazzo", ultimamente popolatissimo; nel terzo caso, invece, l'intervistato è una donna, Luisa, che non aveva voglia di guardarmi il cazzo. Non senza occhialini 3-D, almeno.

Comunque. La mia opinione, che peraltro condivido (cit.), è che la questione del diritto al voto sia profonda e lercia di pregiudizi, pensieri facili, frasi fatte, falsi profeti e Aldo Grasso. Per spiegarla (o tentare di farlo) comincerò citando un grande uomo.

Il Vero Conservatore ritiene che lo stesso cittadino, che è capace di giudicare abbastanza bene degli affari del proprio comune, che lo riguardano da vicino, è incapace di giudicare della politica generale e soprattutto di quella estera di tutto lo Stato; e che una distinzione d'elettorato sia necessaria se si vuole conservare il potere ai più competenti e nello stesso dare al potere l'appoggio necessario al consenso. Perciò il Vero Conservatore è contrario al suffragio universale. (1)

Giuseppe Prezzolini spiega bene il disagio che serba in grembo la balena stanca e sazia di pinocchi che chiamiano Democrazia. E certamente il suo pensiero, estrapolato da un pamphlet sul Conservatorismo, pecca forse di neutralità ma "non fa una piega neanche a metterselo in culo" (2). Rimane lì come una mollica di granito tra i denti e suona un'overtoure perfetta per ciò andrò a dire.

Platone knows best
Il cosidetto "paradosso della democrazia" è vecchio come il cucco e la sua formulazione risale ai primissimi anni in cui questo metodo politico fu utilizzato sulla Terra, precisamente presso la soave Atene. Pare sia stato Platone il primo a dubitare della Vecchia Troiona Democratica, camminando per l'agora chiedendo a chiunque: "Ma che succede se la maggioranza delle persone decidesse in modo democratico di eleggere un tiranno, causando di fatto la fine della democrazia stessa?"
Posto che Platone non doveva essere un granché da avere in compagnia, urge mettere a verbale quanto la sua preoccupazione abbia dell'eroico. Bisognerebbe ringraziarlo, quel barbone del cazzo, perché qualche millennio fa, solo soletto, Platy fu in grado di dipingere mentalmente Adolf Hitler e Benito Mussolini (3). E noi, stupidi, a guardare la caverna.

The Millenium Bug Reloaded
Il punto di partenza è semplice: se una ditta che produce frullatori scoprisse di avere inserito nel suo ultimo modello un software che, in un momento random, può trasformare quell'utensile da cucina in Auschwitz, mi pare pacifico che tale modello sarebbe ritirato dal mercato e che la ditta produttrice in questione passerebbe dei poco carini 5 minuti giudiziari (4). Perché lo stesso non capita con la democrazia che, come assodato, è in grado di trasformarsi, complici i suoi meravigliosi, democratici elettori in una bestia con i baffetti a forma quadrangolare?

Date una risposta in cinque minuti. Questa discussione non è comunque finita.

Mi fermo qui per ora. La premessa è pronta, questa è solo la prima puntata.


NOTE
(1) Giuseppe Prezzolini, Manifesto dei Conservatori, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1972;
(2) Cesare Pavese, senza fonte;
(3)
Breve parentesi per pignoli stupidi. Benito Mussolini non è mai stato eletto democraticamente , lo sappiamo, ma ha goduto comunque - non continuate a negarlo - dell'appoggio della maggioranza degli italiani. Il picco del suo gradimento elettorale è nel 1929, anno della firma dei Patti Lateranensi. Non sappiamo le percentuali precise perché Mannheimer era a Bibione a prendere il sole. Fine della breve parentesi per pignoli stupidi.
(4) A meno che non ci sia di mezzo Niccolò Ghedini.

-------------------------> continua

Lucide analisi

Su Google non si trovano foto di Paolo Granzotto
che non sembrino strappate da un epigrafe.
Questa è la migliore che ho trovato.


Sono giorni epici, questi. Prima la fiducia al governo, concessa dai finiani che in cambio hanno chiesto di poter serrare in una morsa i testicoli del Capo - così, per sicurezza. Poi il video di repubblica.it dove Berlusconi delira nottetempo sottocasa, come in un'auto-serenata. E infine il video dell'espresso.it, sublime e totale, in cui il Martufello delle Libertà conclude un raffinatissimo joke offendendo il Nostro Signore. (Che è il minimo che un massone possa fare, ora che ci penso.)

Comunque, dopo tutto questo, questo delirio da Sudamerica, è giunta l'ora di riflettere sulla nostra condizione. Non sentite anche voi un profumino da intelettuale impegnato? Si? Perfetto! Eccovi allora Paolo Granzotto, che sul Giornale di oggi, ci va giù pesante. Cominciamo dal titolo:

Berlusconi ha un solo torto: dire la verità

E il resto, ve lo assicuro, fa ancora più ridere.

P.S. Nell'articolo non c'è alcun-riferimento-alcuno alla bestemmia del Premier. Chissà poi perché.


giovedì 30 settembre 2010

mercoledì 29 settembre 2010

P3-D

Tra pochi mesi uscirà il nuovo Nintendo 3DS con cui sarà possibile giocare in tre dimensioni. L'ho provata in anteprima: è talmente realistico che sembra che Berlusconi abbia una maggioranza.

martedì 28 settembre 2010

Un eufemismo chiamato Mastella

Vanity Fair intervista Clemente Mastella (*), l'indimenticabile ministro della Giustizia del Prodi bis, riguardo la sua possibile, apocalittica candidatura alle comunali di Napoli. Ma ne parliamo dopo, quello che mi ha colpito è questa frase:
"Silvio ha affidato la missione impossibile (recuperare parlamentari per mantenere la maggioranza, ndr) a un repubblicano, Nucara. Ma stiamo scherzando? Per compiti del genere serve sempre un democristiano. Perché noi che veniamo da quella grande tradizione abbiamo una certa cultura, una sensibilità per gli accordi che altri non hanno."
Ecco, se volevate sapere come si dice "vendersi a chi offre di più" o "transformismo" a Ceppaloni, ora lo sapete. È questione di "cultura" e "sensibilità per gli accordi".

Postilla. Dopo Bassolino e la Iervolino, ora Napoli deve beccarsi anche Mastella? Non è possibile. Vesuvio, pensaci tu.


(*) Tommaso Labate, "Caro Silvio, sarò il sindaco di Napoli", Vanity Fair, 29/09/2010, p. 80

Nordest people

Oh, questo Calearo mi piace da matti. E mi piace sin dai suoi esordi politici da imprenditore del Nordest che però tiene - e molto - agli operai; e per renderlo noto (e bullarsi al bar) si iscrive al Pd. Con quella faccia da sto-coi-comunisti-però-so'-comunque-un-imprenditore-che-ama-il-popolo. Una macchietta piacevolissima, che infatti Veltroni ha accolto subito manco fosse India Summer seminuda.

Passano un paio d'anni e Calearo esce dal Partito Democratico e, alla perenne ricerca di partiti politici pericolosamente innocui, approda all'Api di Rutelli, totalmente ricoperto da una patina di esticazzi?.

Ma nemmeno all'Api ci sta bene. Gli sta stretto. Così prende la palla della crisi berlusconiana al balzo e comincia a vellicare alcune zone erogene alla conquista dell'ennesima chimera (leggasi ministro dello sviluppo economico).

Va a finire che lo diventa davvero - e sarebbe la prova ultima di quanto poco conta l'industria in Italia.

Calearo è talmente inutile che fa scacco matto a Risiko. Ne vedremo delle belle.

lunedì 27 settembre 2010

Nina Moric, Belen Rodriguez e ovviamente Lele Mora

C'è un qualcosa di stupendo nella vita di Fabrizio Corona. E no, non è il fatto che prima o poi finira, bensì la sua sfera amorosa. Selvaggio, caparbio e stronzo, il sedicente paparazzo ha inanellato una discreta sequela di megafighe utilizzando il suo cazzo come arpione pigliatutto. E qui, certo, c'è invidia. Nina Moric ha regnato per parecchi mesi indisturbata in cima alla classifica dei miei desideri sessuali. Anche Belen Rodriguez sarebbe in grado di rendermi un uomo migliore, trasformando una mia erezione in un moloch di lussuria di quelli che poi ti arriva la troupe di Megastrutture a casa.

E chissà quante altre megafighe! mi sono sempre chiesto, consumando rotoli di scottex.

[Che poi mi sono sempre chiesto: gli spermatozoi che vengono ejectati tramite raspone o che sbattono addosso al lattice del preservativo, che fanno? Se ne rendono conto di essere fuori target o rimangono lì, come il soldato giapponese sull'isola deserta, a lottare per una causa che non esiste più? E se se ne rendono conto, vanno in depressione? Le loro amabili codine cessano di muoversi e rimangono fermi aspettando lo sciaquone del bagno, il cestino (o la vostra digestione, dipende da che ceffi siete)?]

Chissà quante altre megafighe, mi dicevo io. Corona vive praticamente in discoteca dove fiumi umani di giovani lobotomizzati da Uomini e donne lo vogliono toccare, vellicare, succhiare. E me lo figuravo così, a scrostarsi di dosso modelle e modelline che come stelle marine gli si avvinghiavano allo scroto.

Bella vita, diobo', dicevo io.

E invece sentite qua. Pare si scopasse Lele Mora.

Lol.