martedì 5 ottobre 2010

Contro il suffragio universale / 2


Altro spunto per un'analisi da cazzoduro sul suffragio universale.

Nel 2008, anno delle storiche elezioni presidenziali USA che hanno visto vincitore Barack Obama, poche settimane prima del voto c'erano ancora milioni di americani "indecisi". Ciò dopo due anni di campagna elettorale incessante, i cui malmostosi reverberi non hanno mancato d'arrivare anche nella piccola Italia. Prima le primarie democratiche (Hillary Clinton vs Barack Obama, ovvero milf vs black), poi quelle repubblicane. Poi il duello vero e proprio, Bush che si liquefa su se stesso, il reflusso di otto anni di guerre criminali e costosissime con l'aggiunta di un scellerato taglio delle tasse (in tempo di guerra!) - tutte cosine che non mancando di impoverire gli States ancora oggi. E Guantanamo, l'ambiente, i diritti civili, un presidente che quasi si strozza con un salatino, Bin Laden ancora libero come un Priebke qualsiasi. McCain, il candidato repubblicano, che sceglie come vice Sarah Palin (ancora lontana dai tristi fasti del Tea Party), la quale in pochi giorni si rivela per un'incapace unfit to lead America (cit.). Problemi grossi, non semplici calcoli renali nel sistema statunitense bensì dei macigni infuocati da eiettare dal proprio cazzo a stelle e strisce.
Parallalelamente a questo pantano neo-con, un presidente liberal-quanto-basta, afroamericano, una star adorata dal mondo, con un programma chiaro e la scritta hope a seguirlo come un'ombra.

Una scelta elementare, direte voi: perpetuare l'andazzo repubblicano made in Dick Cheney (un tipino che a caccia spara in faccia a un suo amico e pretende di poter creare una "enduring freedom" globale) oppure cambiare, sperando in un futuro migliore?
Tutto il mondo aveva già deciso, pure mia nonna diceva "quel negretto lì, speriamo che vinca, vallà".

Eppure dopo decine di mesi di dibattiti, programmi, scandali, successi e promesse, il 14% degli elettori USA non aveva ancora le idee chiare sul voto. Il punto non è l'indecisione o il dubbio, che sono il sale e il pepe del discorso logico e suonano come la kriptonite per i tentativi di dogmatizzazione vari e eventuali; il problema è il sentimento che molti provano riguardo la politica.

Quale sentimento? Quello de "e 'sticazzi?", ossia il senso di leggerezza dato dal diritto al voto per tutti, che invece di riempire d'orgoglio i cittadini (tutti i cittadini), li rende pacificamente certi di poter mettere una croce su un simbolo anyway, anyhow.

Il diritto al voto, cari miei, è una comodità che non ci meritiamo. Votare, eleggere i rappresentanti della comunità, non dev'essere una cosa ovvia. Deve risultare un peso, un fardello che non ti fa dormire sonni tranquilli.

Chiedersi "che fine ha fatto il mio voto?" è cosa giusta e sacrosanta. Ma spesso mi chiedo: che fine facciamo fare ai nostri voti?

Io una volta me lo son chiesto, quando strafatto di chinotto scaduto ho votato Udeur.

3 commenti: