domenica 3 ottobre 2010

Racconto giapponese

Tempo fa un vecchio saggio giapponese si perse in uno di quei boschi che hanno in Giappone e vi vagò per alcuni giorni, costretto a cibarsi di muschi e licheni giapponesi. La lavanda cresceva rigogliosa e non l'avresti detto mai che quella selva così colorata, di notte diventasse una trappola mortale, paurosa come Satana che canta Simbaweda. E l'oscurità portava con se suoni misteriosi e carichi di rabbia: il vecchio si sentiva solo e abbandonato. Pianse.

Asciugatosi le copiose lacrime, prese a parlare con dio - uno di quei dèi che hanno in Giappone - e chiese perdono dei suoi peccati. Non gli importava sapere quali e quanti fossero stati i peccati fatti in tutta la sua vita giapponese, al vecchio giapponese, solo voleva salvarsi da quelle frasche che come arti diabolici lo avvolgevano in modo giapponese. Sussurando parole di pietà e speranza, mentre gli occhi tumefatti di lacrime parevano esplodergli, il vecchio saggio elemosinava la salvezza. E aspettava.

D'un tratto, da una frasca giapponese, uscì il dio giapponese di maggior successo, Ho Chai-Te, e sorrise all'anziano nipponico. Poi gli chiese: "Vuoi davvero uscire da questo luogo ameno, mistico e giapponese?"
"Si, o Signore", rispose il saggio giapponesamente incredulo.
La divinità sorrise, facendo scomparire i propri piccoli occhi a mandorla dietro una smorfia di bontà. Poi aggiunse. "Ma lo sai che Pino Insegno presenta un quiz alle 8?"
"Non lo sapevo, Signore", rispose l'anziano, "sul serio?"
"Parola di Dio" rispose il dio.
"E allora col cazzo che esco di qui" concluse l'anziano giapponese in modo notevolmente giapponese.

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