martedì 9 novembre 2010

Verranno a chiederci del nostro capannone

Io abito in Veneto, dove ogni autunno piove in modo brutale. Se non avessimo il vino e lo spritz, registreremmo percentuali di suicidi scandinave.
Quest’anno le piogge hanno allagato paesi interi trasformandoci in una provincia periferica del Bangladesh, solo con più gondole.
I veneti, però, sembrano non capire.
Acclamano Zaia e la sua crociata alle tasse, forse rimpiangono Galan, che “quando c’era lui le cose funzionavano”. Eppure i numeri sono spietati, raccontano una realtà feroce. Leggo sul Fatto che dal 1950 ad oggi, la superficie urbanizzata della regione è aumentata del 324%

Si, avete letto bene: 324%.

Nello stesso arco di tempo la popolazione è aumentata, certo, ma del 32%.

È l’asfalto a non andare d’accordo con la pioggia; è la cementificazione a rendere fragile e friabile un terreno paludoso come il nostro. Queste precipitazioni non sono nulla di eccezionale, non stiamo di certo parlando del fottuto diluvio universale.
Eppure i veneti non capiscono.

Ci ritroveremmo tutti sott’acqua, a ricordare quanto bello e quadrato era il nostro capannone.

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